Rapporto Condominio-Amministratore: Chiave di Lettura – Mandato, Esclusa la Subordinazione
Il rapporto tra amministratore e condominio è tradizionalmente inquadrato dalla giurisprudenza e dalla dottrina come un contratto di mandato ai sensi degli articoli 1129 e 1130 del Codice Civile, con applicazione delle relative disposizioni salvo specifiche deroghe previste dalla normativa condominiale.
L’amministratore, infatti, non è un lavoratore subordinato: la sua attività è caratterizzata da autonomia gestionale e operativa, pur essendo soggetta ai vincoli normativi e alle deliberazioni dell’assemblea condominiale. Questa autonomia è garantita anche dal fatto che l’amministratore può gestire più incarichi contemporaneamente e non è inserito in un’organizzazione gerarchica riconducibile al condominio, due elementi che escludono l’applicabilità delle norme sulla subordinazione lavorativa.
L’inesistenza del vincolo di subordinazione e di parasubordinazione
Il concetto di subordinazione lavorativa è disciplinato dall’art. 2094 del Codice Civile, che definisce il lavoratore subordinato come colui che “si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro sotto la direzione dell’imprenditore“.
Perché un rapporto di lavoro sia considerato subordinato, devono sussistere alcuni requisiti fondamentali, tra cui:
- Vincolo di orario e presenza fisica obbligatoria
- Esercizio del potere direttivo e disciplinare da parte del datore di lavoro
- Inserimento del lavoratore in un’organizzazione aziendale con continuità e dipendenza gerarchica
- Retribuzione fissa, indipendente dal risultato della prestazione
Nessuno di questi elementi è riscontrabile nel rapporto tra amministratore e condominio. L’amministratore non è tenuto a rispettare orari imposti, né è soggetto a un potere disciplinare del condominio, il quale può solo revocarlo in caso di inadempienze (art. 1129, comma 11, c.c.). Inoltre, la sua remunerazione è pattuita liberamente e non segue le logiche di una busta paga da lavoro dipendente.
Anche il concetto di parasubordinazione, definito dall’art. 409, n. 3, del Codice di Procedura Civile, non è applicabile. La parasubordinazione richiede che la prestazione lavorativa sia:
- Continua e coordinata con l’attività del committente
- Eseguita senza vincolo di subordinazione, ma con un inserimento nell’organizzazione del committente
L’amministratore non è coordinato dal condominio in modo continuativo, non esegue direttive specifiche e non è parte di un’organizzazione gerarchica. Il condominio, infatti, non è un’impresa, bensì una comunione tra proprietari che si limita a conferire un incarico di gestione.
La Cassazione, con la sentenza n. 1545/2017, ha escluso la parasubordinazione, sottolineando che il condominio non ha un potere direttivo o disciplinare sull’amministratore e che quest’ultimo opera in autonomia, rispondendo solo agli obblighi di legge e agli incarichi assembleari.
L’evoluzione della figura dell’amministratore: la riforma del 2012
La legge n. 220/2012, che ha riformato la disciplina condominiale, ha rafforzato i requisiti professionali dell’amministratore, avvicinandolo sempre più alla figura di un professionista autonomo. In particolare, ha introdotto:
- L’obbligo di formazione iniziale e aggiornamento periodico (art. 71-bis disp. att. c.c.)
- La necessità di possedere almeno un diploma di scuola secondaria di secondo grado
- L’obbligo di apertura e gestione separata del conto corrente condominiale
- Una maggiore trasparenza nella gestione finanziaria
Questi elementi differenziano nettamente l’amministratore da un dipendente subordinato e lo avvicinano alle figure professionali regolamentate, come avvocati, commercialisti o ingegneri, che operano in autonomia con obblighi di aggiornamento e formazione continua.
La giurisprudenza: conferme sull’autonomia dell’amministratore
La Cassazione ha più volte ribadito l’autonomia dell’amministratore rispetto al condominio. Oltre alla già citata sentenza n. 1545/2017, altre pronunce hanno chiarito che:
- L’amministratore non è un dipendente del condominio, ma un professionista incaricato di un mandato (Cass. Civ., Sez. II, n. 17843/2020)
- La retribuzione dell’amministratore non è assimilabile a uno stipendio, ma è stabilita contrattualmente e dipende dagli incarichi ricevuti (Cass. Civ., Sez. II, n. 33005/2018)
- Il condominio non ha potere gerarchico sull’amministratore, ma solo il diritto di revocarlo per giusta causa (Cass. Civ., Sez. II, n. 22634/2015)
Conclusione: l’amministratore di condominio è un libero professionista, non un lavoratore subordinato
Alla luce delle norme vigenti e dell’orientamento costante della giurisprudenza, è evidente che l’amministratore di condominio non è un lavoratore subordinato né un parasubordinato, ma un professionista autonomo che opera sulla base di un mandato conferito dall’assemblea condominiale.
La sua attività è regolata da norme stringenti in materia di formazione, trasparenza e responsabilità, ma questo non lo rende un dipendente del condominio. Il suo ruolo si avvicina piuttosto a quello di un consulente o gestore di patrimoni immobiliari, con piena libertà organizzativa e gestionale.
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